Uno dei miei soliti tentativi di guardare in sintesi
Innalzarsi al di sopra degli eventi, e osservarli serenamente
(Giorgio Marincola, Montorio Romano, settembre 1942)
Razza partigiana ricostruisce la vicenda biografica di Giorgio Marincola, uno dei pochi italiani afrodiscendenti nella storia della Resistenza. Marincola era nato in Somalia nel 1923 da un sottufficiale italiano e una donna somala. Riconosciuto dal padre, arrivò in Italia nella seconda metà degli anni ‘20. All’età di dieci anni si trasferì a Roma, dove frequentò il liceo-ginnasio Umberto I. Durante i primi due anni di liceo, ebbe come professore di storia e filosofia Pilo Albertelli, figura importante dell’antifascismo di area liberal-democratica, che ebbe su di lui un’influenza determinante.
Partecipò attivamente alla Resistenza romana, spostandosi poi nel viterbese nella primavera ‘44, dove combatté in una formazione composta da partigiani di diverse aree e militari sbandati dopo l’8 settembre. All’indomani della liberazione della capitale (4 giugno 1944), fu tra i militanti azionisti che si offrirono per l’arruolamento nell’intelligence militare britannica. Fu integrato in un’unità paramilitare che venne paracadutata in Piemonte, nel biellese, con funzioni di addestramento e collegamento. Arrestato durante un rastrellamento venne deportato al Polizeilicher Durchganglager di Bolzano. Sopravvissuto al lager, da cui uscì il 30 aprile 1945, decise di unirsi ad una formazione partigiana della Val di Fiemme. Cadde in combattimento il 4 maggio 1945, in quella che è ricordata come l’ultima strage tedesca sul suolo italiano.
Marincola è una figura di attraversamento, di luoghi, tempi, contesti differenti: i diversi aspetti della storia coloniale italiana, i percorsi variegati dell’antifascismo italiano, così come quelli del movimento resistenziale, eterogeneo in quanto alle strutture ed alle modalità pratiche, così come alle posizioni ideologiche o, ancora, nelle dinamiche politiche e relazionali con i comandi alleati.
La sua storia, ricostruita tramite la documentazione di origine partigiana, quella prodotta dallo Special Operations Executive britannico, nonché una preziosissima raccolta di suoi scritti autografi, e accompagnata da diverse testimonianze di amici e compagni di lotta, sfugge al facile stereotipo retorico del partigiano eroe e vittima che, traslato dall’archetipo cristiano del salvatore, de-individualizza determinate figure attribuendo loro il ruolo del “morto per la libertà” dei posteri.